Insegnamenti

Imparare ad ascoltare

del venerabile Ajahn Chah

© Ass. Santacittarama, 2014. Tutti i diritti sono riservati.
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Traduzione di Roberto Paciocco.

Discorso offerto nel settembre del 1978 al Wat Nong Pah Pong, pubblicato in inglese col titolo Learning to Listen nel libro The Collected Teachings of Ajahn Chah, Vol. II.

UNA SERA, durante una riunione informale presso il suo alloggio, l’Ajahn disse: «Quando ascoltate il Dhamma, dovete aprire il vostro cuore e nel centro di esso raccogliervi. Non cercate di accumulare quel che sentite né sforzatevi di trattenerlo scrupolosamente nella vostra memoria. Lasciate solo che il Dhamma fluisca nel vostro cuore e si riveli, e mantenetevi costantemente aperti al flusso nel momento presente. Ciò che è pronto per essere trattenuto, resterà. Avverrà da sé. Succederà da sé, non per mezzo di un impegno forzato da parte vostra.

Allo stesso modo, quando esponete il Dhamma, non dovete impiegare alcuna costrizione. Il Dhamma deve fluire spontaneamente dal momento presente, in accordo con le circostanze. Sapete, è strano, ma a volte la gente viene da me e davvero non manifesta alcun desiderio di ascoltare il Dhamma, ma è così: avviene da sé. Il Dhamma inizia a fluire all’esterno senza alcun sforzo. Altre volte, la gente sembra invece ascoltare volentieri. Chiedono un discorso anche in modo formale, e poi, niente! Semplicemente non succede. Che si può fare? Non so perché sia così, ma so che è così che succede. È come se le persone avessero diversi livelli di ricettività, però quando si è lì, allo stesso livello, le cose succedono e basta.

Se dovete esporre il Dhamma, il modo migliore è non pensarci affatto. Dimenticatevene e basta. Più ci pensate e cercate di pianificare, peggio sarà. Però è difficile a farsi, non è vero? A volte mentre il discorso fluisce senza intoppi, c’è una pausa, e qualcuno può farvi una domanda. Improvvisamente, ecco che il discorso prende una direzione completamente diversa. Sembra che ci sia una fonte illimitata, che non si può mai esaurire.

Credo senza alcun dubbio che il Buddha avesse la capacità di conoscere il temperamento e la ricettività degli altri esseri. Egli utilizzò proprio questo metodo dell’inse gnamento spontaneo. Non è che avesse bisogno di utilizzare alcun potere sovrumano, è che era sensibile ai bisogni della gente attorno a lui ed insegnava di conseguenza. Un esempio indica la sua spontaneità: quel che avvenne quando, dopo aver esposto il Dhamma ad un gruppo di suoi discepoli, chiese loro se avessero mai sentito in precedenza questo insegnamento. Risposero di no. Allora andò avanti e disse che lui stesso non lo aveva mai sentito prima.

Continuate la vostra pratica, non importa cosa stiate facendo. Praticare non dipende da alcuna postura, come stare seduti o camminare. Piuttosto, si tratta di essere di continuo mentalmente presenti al flusso della vostra consapevolezza e delle vostre sensazioni. Non importa cosa stia succedendo, raccoglietevi in voi stessi e siate sempre mentalmente presenti e consapevoli di quel flusso.»

Poi l’Ajahn proseguì dicendo: «La pratica non è andare avanti, ma c’è movimento in avanti. Nello stesso tempo, non è andare indietro, ma c’è movimento all’indie tro. Infine, la pratica non è fermarsi e restare fermi, ma c’è il fermarsi e lo stare fermi. Perciò, c’è movimento in avanti e all’indietro come pure lo stare fermi, ma non potete dire che si tratti di uno dei tre. La pratica infine giunge ad un punto nel quale non c’è né movimento in avanti né movimento all’indietro, e nemmeno lo stare fermi. E allora dov’è?»

In un’altra occasione informale, disse: «Per definire il buddhismo senza troppe frasi e parole, possiamo dire semplicemente: “Non aggrapparti o attaccarti a nulla. Resta in armonia con il presente, con le cose così come sono.»